ETF

Per chi si trova alla ricerca di nuovi strumenti d’investimento, la risposta giusta può essere fornita dagli ETF, acronimo di Exchange Traded Fund, un termine che va ad identificare una particolare tipologia di fondo d’investimento o Sicav. Sono, nella pratica, dei fondi comuni e sono  oggetto di negoziazione sul segmento di Borsa italiana noto come ETF Plus, potendo essere acquistati e ceduti sul mercato allo stesso modo di quanto succede per le azioni. La vera differenza con la stragrande maggioranza dei fondi comuni consiste proprio nella modalità di gestione: gli ETF si limitano per lo più a scattare una fotografia del mercato in cui vanno ad investire, ossia, diversamente dalla maggioranza dei fondi comuni non hanno una gestione attiva, ma replicano gli indici di mercato. Riassumendo quanto detto sinora, potremmo dire che gli ETF presentano due principali caratteristiche:
1) vengono negoziati in Borsa alla stregua di un’azione;
2) hanno come unico obiettivo d’investimento quello di replicare l’indice al quale si riferiscono (benchmark) mediante una gestione totalmente passiva.
Proprio per questo un ETF va a mixare le caratteristiche proprie di un fondo e di un’azione, permettendo quindi agli investitori di sfruttare i punti di forza di entrambi gli strumenti, ovvero:
– la diversificazione e riduzione del rischio che sono caratteristiche dei fondi;
– la flessibilità e trasparenza informativa della negoziazione in tempo reale delle azioni.

Quali sono i vantaggi degli ETF?

Il successo di questo strumento finanziario deriva in particolare dai vantaggi assicurati a chi decida di acquistarlo. In particolare, l’ETF consente di:
– prendere posizione in tempo reale sul mercato target dando vita ad una sola operazione di acquisto. In pratica acquistando un ETF si può investire su di un intero indice di mercato (ad esempio FTSE MIB, DAX, Nasdaq100, S&P500 o altri) in tempo reale e ad un prezzo il quale va a riflettere in maniera perfetta il valore del fondo nel momento in cui l’operazione viene messa in campo;
realizzare l’identica performance dell’indice benchmark proprio in virtù di una gestione totalmente passiva. Occorre però fare attenzione alla valuta di riferimento dell’indice: ove essa sia diversa da quella in cui è stata effettuata la negoziazione, il rendimento dell’ETF potrebbe essere sensibilmente diverso da quello del benchmark proprio a causa della necessità di svalutare o rivalutare tale valuta nei confronti dell’euro;
– dare luogo un’ampia diversificazione, in quanto l’investimento in un ETF equivale alla effettiva presa di posizione su un intero indice di mercato, il quale fa riferimento ad un ampio paniere di titoli, andando di conseguenza a diversificare e, quindi, diminuire il rischio dell’investimento;
ridurre il costo del proprio portafoglio. A tal proposito occorre ricordare come gli ETF comportino il versamento di una commissione totale annua (TER, acronimo di Total Expense Ratio) ridotta e che viene applicata automaticamente in proporzione al periodo di detenzione, mentre l’investitore non deve versare alcuna commissione se non quelle applicate dalla propria banca o dal proprio broker. Inoltre le spese di gestione degli Etf raramente vanno a superare lo 0,7% nel caso in cui investano in mercati emergenti attestandosi sotto lo 0,3% nel caso in cui l’investimento abbia luogo nelle Borse di Paesi sviluppati.
abbattere il rischio emittente, in quanto gli ETF quotati su ETF Plus sono Fondi Comuni di Investimento oppure Sicav (OICR). Come è noto gli OICR vantano un patrimonio separato rispetto a quello delle società che ne curano le attività di costituzione, gestione, amministrazione e marketing, caratteristica che ne esclude in partenza  il rischio di insolvenza anche nel caso di fallimento delle società che abbiamo menzionato.

Quali sono i rischi degli Etf?

Se sinora abbiamo ricordato i vantaggi degli ETF, va ricordato che essi presentano anche dei rischi, i quali vanno attentamente valutati  prima di optare per un investimento in questo settore, ripiegando magari su un altro strumento ove non ci si sentisse del tutto sicuri di poterne trarre guadagni.
Va in primo luogo sottolineato come i rischi degli ETF vadano a dipendere in larga misura dal mercato d’investimento. Ne consegue che gli ETF azionari sono molto più rischiosi di quelli obbligazionari e che gli ETF a leva (i quali vanno  a moltiplicare l’andamento dei mercati in base al valore di leverage impostato) sono anch’essi forieri di un elevato livello di rischio.
Va però sottolineato come essi siano strutturati al fine di comportarsi come dei fondi comuni, per cui il portafoglio dell’ETF viene distinto da quello del gestore e soltanto i possessori delle quote possono vantare credito nei confronti del fondo. Perché è importante questa precisazione? Per il semplice motivo che in caso di fallimento del fondo, l’ETF non ne rimane coinvolto.
Altra precisazione che occorre fare è quella relativa alla distinzione di rischio tra ETF sintetici e fisici. I primi, avendo al loro interno uno swap, sono infatti sottoposti al rischio che la controparte dello swap possa fallire. Al contempo va anche ricordato come lo swap non vada comunque mai a superare mai il 10% del valore del patrimonio, un livello che viene raggiunto solo in pochissimi casi, in quanto la maggior parte degli ETF si fermano molto prima.
Gli ETF sintetici possono a loro volta prestare i titoli che hanno in portafoglio ad altri (un accorgimento che viene adottato di solito proprio con il preciso fine di abbatterne i vari costi). In tal modo, però, l’ETF viene esposto, almeno in teoria, ad un eventuale fallimento del soggetto cui sono stati prestati i titoli, il quale potrebbe ritrovarsi nell’impossibilità di restituirli. Va comunque ricordato che si tratta di veri e propri casi di scuola che assai difficilmente si verificano nella realtà e soltanto a seguito di comportamenti imprudenti, quindi poco professionali.