criptovalute

Ormai da mesi si parla molto di criptovalute, proprio per l’importanza sempre più pronunciata da esse assunta. Basti pensare che nel corso delle ultime settimane esse sono state oggetto di ripetuti attacchi da parte del mondo finanziario tradizionale, ad esempio da parte di Davide Serra, fondatore del fondo Algebris, il quale non ha esitato a definire il bitcoin e le altre monete virtuali alla stregua di uno strumento ideato proprio al fine di fungere da lavanderia per i proventi illegali. In pratica, secondo Serra, grazie alle criptovalute sarebbe più facile far perdere le tracce dei capitali generati da operazioni illecite, una tesi peraltro contestata dai fautori delle stesse, secondo i quali sarebbero invece proprio le banche ufficiali a fungere da lavatrici in tal senso. Considerato come i paradisi fiscali siano ormai da decenni destinazione di ingenti capitali sottratti alla fiscalità o generati da operazioni illecite, quest’ultima tesi non sembra proprio priva di fondamento.

Un po’ di storia delle criptovalute

Per capire meglio la questione, non resta quindi che partire dalla loro storia, che vede il bitcoin nella veste di capostipite. La prima criptovaluta è stata infatti varata nel 2009 da Satoshi Nakamoto, pseudonimo dietro il quale non si sa ancora oggi chi si celi effettivamente. Fu comunque lui a sviluppare in maniera compiuta un’idea che era stata introdotta su una mailing list di crittografia mediante una ricerca denominata: “Bitcoin: un sistema di denaro elettronico peer-to-peer” presentando il codice open source. Da quel momento la sua ascesa è stata praticamente irresistibile, tanto che attualmente il bitcoin è accettato in pagamento da oltre 100mila negozianti, fondandosi anche sul fatto che le commissioni oscillano tra lo 0 e il 2% (rispetto al 2-3% di quelle che sono applicate ai pagamenti con carte di credito).
Sulla scia del bitcoin sono poi nate moltissime altre criptovalute, tra le quali si è distinto in particolare l’Ethereum, nato nel 2013 come piattaforma decentralizzata di nuova generazione, per la creazione e pubblicazione di contratti intelligenti p2p e caratterizzata dagli smart contracts, protocolli che consentono di far rispettare un contratto senza bisogno di inserire particolari clausole.
Va infine fatta un’ultima considerazione sui bitcoin: a differenza della moneta reale, che viene stampata continuamente, il loro numero non potrà mai superare quota 21 milioni e l’ultimo quantitativo della criptomoneta più famosa sarà estratto nel 2044.

Cosa sono precisamente le criptovalute?

Una criptovaluta è un bene di tipo digitale il quale viene utilizzato come modalità di scambio usando però la crittografia al fine di rendere sicure le transazioni e controllare la creazione di nuova valuta. Rappresentano perciò delle valute a tutti gli effetti, mediante le quali si possono fare dei pagamenti online senza bisogno di intermediari, in maniera assolutamente sicura.
Il loro funzionamento è basato sullo schema proof-of-work, il quale rappresenta la garanzia di poter scongiurare le truffe e contraffazioni online. Gran parte di esse funzionano facendo leva su uno schema di decentralizzazione peer-to-peer (p2p) che si affida ai nodi, ovvero ai computer sparsi in ogni parte del globo e sui quali vengono eseguiti dei programmi i quali permettono infine di avere un vero e proprio portafoglio, il quale consente a sua volta di inviare e ricevere il denaro. Proprio per questo si dovrebbe fare in modo da conservare e proteggere al meglio il computer in questione, evitando ad esempio l’errore compiuto da un cittadino di Newport, il quale ha appunto buttato per errore il suo terminale contenente un valore che nel 2013 ammontava a circa 5,5 milioni di euro in bitcoin.
Altra caratteristica importante delle criptovalute, che attualmente ammontano ad un migliaio circa, a parte alcune come Ripple, il funzionamento in modalità decentralizzata, ovvero senza che un singolo elemento possa controllare la rete o funzionare alla stregua di un intermediario.
Gran parte di esse sono state progettate con il preciso compito di essere emesse in maniera controllata nel tempo, ponendo un tetto massimo alle unità in circolazione.
Proprio questa caratteristica contribuisce a scavare un solco con le monete tradizionali, le quali hanno una autorità centrale che ne governa il processo di stampa. I miners, ovvero i computer collegati alla rete che consente il flusso dei pagamenti e garantisce la sicurezza della rete mediante l’adozione di algoritmi estremamente complessi, ricevono bassissime commissioni per l’operato che rende possibile l’invio e la ricezione di denaro.

Il bitcoin è assolutamente tracciabile

L’ultima questione da affrontare è quella della asserita non tracciabilità del denaro digitale. Proprio su questa questione hanno battuto forte i finanzieri tradizionali nelle passate settimane, adombrando l’ipotesi che quindi il bitcoin e le altre criptovalute possano servire a scopi essenzialmente criminali.
Una tesi che è stata però risolutamente avversata da alcuni specialisti, a partire da Valeria Portale, direttrice della ricerca su Blockchain&Distribuited Ledger degli Osservatori del Politecnico di Milano, secondo la quale si tratterebbe di una moneta transnazionale le cui regole vengono ad essere definite dalla rete e non dalle banche centrali. In questo quadro proprio il processo digitale ne rappresenta un elemento intrinseco e se da una parte è vero che a volte la criminalità ha cercato di sfruttare le criptovalute e gli elementi di anonimato che le caratterizzano, dall’altro lo ha fatto senza sapere che la blockchain (il libro contabile in cui sono registrate tutte le transazioni fatte in Bitcoin dal 2009 ad oggi) rappresenta uno degli strumenti più tracciabili al mondo, come è stato espressamente riconosciuto dall’Abi (Associazione Bancaria Italiana). Per capirne il livello di sicurezza basterebbe ricordare come il sito Silk Road (teatro della compravendita di armi e droga, in cambio di bitcoin) sia stato chiuso dopo l’arresto di oltre 100 persone. Sono proprio i fatti e la teoria, quindi, a smentire le parole in libertà dei finanziari tradizionali, forse disturbati dalla concorrenza mossa sul loro stesso terreno.