derivati tossici

 

Si continua a parlare molto di derivati, anche nel nostro Paese, senza che però si cerchi di fare uno sforzo per cercare di far capire alle persone comuni di cosa si tratti realmente. La cosa migliore è quindi cercare di spiegare cosa sono i derivati in parole semplici, cosa non impossibile anche alla luce di interessanti pubblicazioni su un argomento tanto in voga nel mondo occidentale e non solo, in particolare dopo il 2008, quando proprio una particolare categoria di questi prodotti ha fatto da detonatore alla crisi seguita allo scoppio della bolla dei mutui subprime.

Come funzionano i derivati

In pratica, con il termine “derivati” si intendono quei prodotti finanziari il cui valore deriva appunto da quello di altri oppure dal verificarsi di un determinato evento. Proprio questa seconda caratteristica spinge molto spesso gli analisti a paragonarli ad una sorta di scommessa, ovvero la puntata sulla salita o discesa di un titolo, o sul default o meno di un soggetto che può anche essere un ente locale. Va notato come l’evento su cui si effettua la scommessa può essere di qualsiasi genere, andando a costituire il “sottostante”.
I derivati vengono utilizzati principalmente per tre scopi :
1) finalità di copertura, al fine di ridurre il rischio finanziario di un portafoglio, ovvero acquistando un titolo nella speranza che esso salga, mettendo in campo in contemporanea l’acquisto di un derivato sullo stesso titolo tale da prevedere il calo delle sue quotazioni, in modo da non perderci comunque;
2) finalità speculativa, che si verifica quando ci si assume un rischio allo scopo di ottenere un profitto;
3) finalità di arbitraggio, ovvero al fine di ottenere un profitto privo di rischio per mezzo di transazioni combinate sul derivato e sul sottostante in modo da approfittare di eventuali differenze di valorizzazione.

Come si determina il loro valore

Il problema più complesso proposto dai derivati è proprio quello collegato alla stima del loro valore. Esso è infatti collegato sia al sottostante che al pay-off (la relazione che lega il valore del derivato al sottostante) e per calcolarlo occorre dare luogo ad una simulazione dei possibili scenari futuri. Il valore del derivato è quindi la media dei valori possibili del pay-off (guadagno/perdita), ponderati però sulla base delle probabilità di ciascuno scenario e avendo cura di dare maggior peso agli scenari più probabili. Una volta stabilito tutto ciò occorrerà scontare il valore finanziario del tempo, ovvero la distanza tra il momento della valutazione e quello dell’evento.

Il caso dei Currency Swap

Uno dei casi più noti di derivati è il Currency Swap, ovvero il contratto con il quale due parti decidono di accordarsi in modo da dare vita allo scambio di due serie di pagamenti, che avvengono in due valute diverse, in modo poter soddisfare le opposte esigenze di copertura dal rischio di variazione dei rapporti di cambio. Si tratta di una tecnica non particolarmente proficua per le esposizioni sul breve termine (in pratica quelle sino ad un anno), le quali possono in effetti essere agevolmente coperte sul mercato a termine dei cambi, ma tale da risultare molto utile in caso di esposizioni a medio-lungo termine, soprattutto in assenza di un mercato forward applicativo per tali scadenze.

Cosa sono i derivati tossici

Il problema per l’economia mondiale è nato quando i derivati sono diventati tossici, ovvero quando il loro profilo di rischio si è elevato a valori che non possono essere retti a lungo dal sistema che li ha generati, ovvero quello bancario. Lo sanno purtroppo bene i tanti risparmiatori del nostro Paese rovinati dalle pratiche disinvolte di banche e manager che non hanno esitato a girare nelle mani di queste persone gli strumenti finanziari di cui si erano imbottiti negli anni precedenti, sperando di poter guadagnare su di essi.
Va sottolineato come pur essendo nati in funzione di strumenti di copertura dai rischi finanziari, i derivati bancari abbiano assunto con il passare degli anni quella impropria di mezzi speculativi, dando origine ad un mercato ad altissimo rischio. Si tratta infatti di prodotti che proprio a causa della loro complessità, dello squilibrio finanziario tra le parti o la presenza di costi impliciti assumono un tasso di rischio talmente elevato da rendere praticamente certa la minusvalenza. Formatasi la quale, resta solo da capire a scapito di chi andrà a finire.
Un quesito risolto dalle banche a discapito della propria clientela, confidando proprio nella scarsa conoscenza dei prodotti finanziari e sul rapporto fiduciario di cui gli istituti godono spesso nella relazione con essa instaurato. Il riferimento è in particolare ai contratti SWAP venduti dalle banche ai clienti al di fuori dei mercati regolamentati (Over the Counter), trattandosi  nella grande maggioranza dei casi di contratti privi degli elementi standard che sono stabiliti e raccomandati dalle autorità di mercato. In questi casi, infatti, le caratteristiche dei derivati vanno esclusivamente o quasi a favore delle banche, dando vita a ingenti perdite nelle casse delle aziende e degli enti pubblici che li hanno utilizzati.

Derivati e banche

Per capire meglio i contorni del problema, conviene a questo punto citare uno studio di Mediobanca, grazie al quale è stato possibile mappare i derivati presenti nei bilanci delle principali banche europee. Alla fine del 2015, il loro valore totale ammontava a circa 4,300 miliardi, ovvero circa tre volte e mezzo il patrimonio netto tangibile delle banche prese in esame. Gli istituti che hanno la maggiore esposizione sono Deutsche Bank, Bnp Paribas e Barclays, con un valore a prezzi di mercato dei rispettivi portafogli di derivati attestato a quota 450-500 miliardi di euro, ovvero 9, 5,5 e 5,8 volte il loro patrimonio. Meno forte l’esposizione di Unicredit e Intesa Sanpaolo, le principali banche italiane, che hanno in pancia circa 75 miliardi di derivati a testa, pari a meno di due volte il rispettivo patrimonio.

I processi sui derivati

Per capire come spesso le banche agiscano aggirando la legge, basterebbe andare a leggere le cronache relative ai processi cui sono sottoposti in ogni parte d’Italia funzionari e dirigenti degli istituti bancari che hanno avuto un ruolo attivo nella cessione di derivati tossici dalle banche alla clientela, privata o istituzionale. Se in Calabria la Regione ha fatto causa alla BNL per vedersi risarcire i danni per 9,4 milioni creati nel proprio bilancio da prodotti finanziari ad altro rischio, non è da meno lo Stato che ha citato in giudizio Morgan Stanley a seguito di un’inchiesta della Corte dei Conti. Un percorso comune a moltissime entità e che sta portando alla ribalta modi quantomeno disinvolti da parte del sistema bancario di scaricare su altri soggetti le perdite ormai ineluttabili dei derivati.