Certificates

Nel corso degli ultimi anni, la continua ricerca di possibilità di investimento da parte dei piccoli risparmiatori ha spinto il settore finanziario a proporre nuovi strumenti in grado di andare incontro a chi non vuole immobilizzare i propri risparmi in una banca, rischiando magari che faccia default e avendone comunque in cambio una remunerazione spesso irrisoria.
Una categoria di risparmiatori resa sempre più pingue dal crollo dei tassi di interesse e dalla fine di uno strumento molto popolare nel passato come quello rappresentato dai Bot. Chi cerca alternative, oggi, sulle quali far convergere il proprio risparmio, molto spesso non sa che fare e cade vittima di veri e propri raggiri, che potrebbero essere facilmente evitati adottando normali criteri di prudenza.
Tra gli strumenti che sono riusciti a destare una certa curiosità vi sono anche i certificati (certificates), considerati dagli addetti ai lavori alla stregua di una nuova frontiera dell’investimento. Andiamo quindi a vedere più da vicino cosa siano e se sia il caso di farli entrare a far parte del proprio portafoglio o se sia invece preferibile andare a rivolgere la propria attenzione a strumenti più idonei e, soprattutto, più aderenti alle aspettative di partenza.

Cosa sono i certificati

I certificati sono degli strumenti derivati cartolarizzati che vengono emessi da alcune banche di investimento (i Market Makers) con il preciso scopo di offrire agli investitori una soluzione la quale, grazie in particolare alla flessibilità che riescono ad evidenziare, permettono di affrontare le diverse fasi che possono caratterizzare il mercato. Va anche sottolineato come si tratti di strumenti a gestione passiva tali da andare a replicare alla perfezione il sottostante, senza però dare il diritto di partecipare ai dividendi da esso distribuiti, a parte alcune tipologie di certificati i quali offrono una cedola periodica.
Sono per la gran parte negoziabili sul SeDex, ovvero il segmento di Borsa Italiana dedicato al mercato dei Securities Derivatives, e sul Cert-X di Euro TLX, che è di recente passato sotto il controllo di Borsa Italiana. A garantirne la liquidità sono in particolare i market makers, ovvero le banche che li emettono.
Va peraltro sottolineato come, pur essendo negoziati su mercati regolamentati, i certificati siano soggetti, al rischio dell’emittente in caso di default, analogamente a quanto accade alle obbligazioni senior non garantite e non privilegiate cui sono equiparati.

Perché conviene acquistare i certificati

Naturalmente la domanda che si fanno molti investitori, attratti anche dal vistoso successo incontrato nel corso degli ultimi anni dai certificati sui mercati, è la seguente: perché conviene acquistarli? La risposta può essere la seguente:
– perché consentono di investire sui sottostanti, prodotti finanziari a cui il normale piccolo investitore altrimenti non riuscirebbe ad accedere, tra cui le valute o gli indici dei paesi emergenti , ovvero quei titoli che possono rivelarsi ad alto rendimento:
– perché possono essere strumenti di diversificazione anche per chi non disponga di un capitale corposo o voglia dare vita ad un investimento contenuto e quindi non troppo impegnativo;
– Perché sono negoziabili con relativa semplicità, ovvero si possono comprare e vendere con una notevole facilità presso il mercato SeDex.

Perché è meglio evitarli

Se quelli ricordati sono i motivi che ne consigliano l’acquisto, sull’altro piatto della bilancia occorre però mettere le cosiddette controindicazioni, ovvero i motivi per i quali sarebbe meglio stare alla larga dai certificati e far convergere il proprio investimento su altri strumenti. In particolare è meglio evitarli se:
non si abbia grande esperienza di investimento e finanza, in quanto si tratta comunque di prodotti finanziari abbastanza complicati da capire e da gestire;
– si voglia avere comunque qualche garanzia tangibile. Si tratta infatti di titoli che vengono emessi da una banca, ovvero dei derivati che si rapportano a dei listini o ad altri strumenti, senza però avere a garanzia praticamente nulla ( al contrario di quanto avviene nel caso degli ETF).
si intenda evitare il rischio liquidità. Va infatti sottolineato come non sempre questo mercato riesca a reperire dei compratori, mettendo l’investitore in una condizione che può rivelarsi abbastanza complicata nel caso voglia uscire in anticipo dall’investimento effettuato.

La tassazione dei certificati e il rischio di cambio

Va anche ricordato come i certificati, al pari di tutti i prodotti finanziari, siano sottoposti a una tassazione, che, dal punto di vista fiscale è pari al 12,50% sulla plusvalenza maturata, come succede del resto nel caso dei titoli azionari.
Quando si pensa di investire in certificati, si deve tenere presente che questi strumenti finanziari sono tutti quotati in euro, anche nel caso il sottostante sia invece quotato in una divisa diversa. Nel cambio è dunque insito il rischio che un improvviso deprezzamento del sottostante vada a vanificare gli eventuali guadagni realizzati. Per ovviare a questo rischio di non poco conto, esiste però una soluzione, quella offerta dai Certificati di tipo “Quanto”, i quali sono in grado di mantenere inalterato nel tempo il rapporto tra l’Euro e la valuta di riferimento del sottostante andando per questa via a neutralizzare le possibili conseguenze delle variazioni del tasso di cambio sul valore del certificato.