Tassi di interesse mutui

Nell’epoca dei tassi sotto zero, è abbastanza normale che molte persone guardino ad essi con grande interesse. In particolare lo fanno coloro che devono acquistare un’abitazione, e quindi contrarre un mutuo, e chi è interessato ad un finanziamento, si tratti di famiglia o impresa.
Come è noto, negli ultimi anni la politica della Banca Centrale Europea, guidata da Mario Draghi, ha cercato di rendere molto favorevoli le condizioni per l’accesso al credito. Lo ha fatto in particolare con il Quantitative Easing, ovvero il continuo drenaggio di denaro dalla banca centrale al sistema bancario dei vari Paesi a tassi ridottissimi. Se da un lato le banche hanno adottato inizialmente un atteggiamento abbastanza furbesco, comprando denaro praticamente a tasso zero, per poi destinarlo per la maggior parte all’acquisto di titoli di Stato, in un secondo momento le cose hanno cominciato a girare meglio e il denaro comprato dal sistema bancario è andato effettivamente ad aiutare l’economia familiare. A giovarsene sono stati soprattutto i tassi di interesse dei mutui, che hanno iniziato a calare vertiginosamente. Per capire meglio questo dato, basterebbe ricordare che in Danimarca alcuni mutuatari si sono visti restituire dei soldi, invece di dover pagare gli interessi sul debito contratto. Questo è accaduto perché lo spread del mutuo a tasso variabile è all’improvviso diventato inferiore al tasso di indicizzazione.

I tassi di interesse sono ai minimi storici

Quanto sta accadendo a livello europeo, rappresenta qualcosa di abbastanza incredibile per noi italiani, che pure siamo tra i popoli con la più alta propensione a detenere la casa di proprietà. Se infatti nel corso del dopoguerra milioni di nostri connazionali hanno provveduto ad acquistare l’abitazione facendo leva sullo strumento del mutuo, va al contempo rilevato come l’inflazione abbia sempre tenuto abbastanza alti i tassi di interesse.
Da alcuni anni a questa parte, invece, si sta verificando una continua discesa dei tassi, fenomeno del resto indicato anche nei bollettini emessi periodicamente da ABI (Associazione Bancaria Italiana), l’ultimo dei quali, emesso a ottobre 2017, segnala non solo come il costo di un mutuo sia ai minimi storici, intorno al 2%, ma anche come i due terzi dei mutui contratti siano a tasso fisso.
Molto importante è proprio questo secondo dato. Se infatti il costo dei mutui continua a scendere, sarebbe ad occhio più conveniente adottare il tasso variabile, anche in considerazione del fatto che secondo gli analisti questo trend continuerà ancora per molti anni. La spiegazione di un comportamento apparentemente anomalo sta nel fatto che i consumatori che optano per il fisso si mettono intanto al riparo sottoscrivendo un tasso di interesse comunque basso. In un secondo momento, poi, potrebbero anche ricorrere allo strumento della surroga, spuntando un nuovo mutuo a condizioni ancora più convenienti. Come è infatti successo nel corso degli ultimi anni, quando il mercato dei mutui è stato letteralmente sospinto da questo strumento che può essere negoziato con la banca presso la quale è stato stipulato un mutuo ritenuto non più conveniente e quindi da rottamare.
Dalla parte di chi sceglie il tasso variabile, va però sottolineato come potrebbe trattarsi di una scelta egualmente vincente, in quanto proprio il modo in cui sono strutturati i mutui fanno sì che essi vedano il peso maggiore dei tassi d’interesse nel corso dei primi anni. Risulta del tutto evidente dunque l’intenzione di questi mutuatari di sfruttare i prossimi anni, in cui come abbiamo ricordato i tassi dovrebbero continuare a scendere.
Per comprendere comunque come oggi sia molto conveniente stipulare un mutuo per l’acquisto della propria abitazione, non resta che ricordare come ancora alla fine del 2007 il tasso medio applicato alle operazioni di finanziamento per l’acquisto di immobili residenziali fosse attestato al 5,72%.

Attenzione ai mutui a tasso variabile

C’è poi un altro dato che dovrebbe essere oggetto di attenta analisi da parte di chi negli anni passati ha contratto un mutuo a tasso variabile. Molte banche, infatti, hanno in pratica ignorato quanto accadeva sul mercato e hanno continuato a far pagare di più ai clienti, senza fare mai scendere i tassi sotto gli spread.
Un comportamento criticato non solo da Bankitalia, che ha chiesto alle banche affiliate di restituire quanto fatto pagare in più, ma anche dall’Antitrust, che ha infine deciso di aprire un’indagine per cercare di capire se in Italia vengano messe in atto politiche di cartello. Coloro che sono stati oggetto di un comportamento vessatorio da parte della propria banca e pensino di aver diritto al rimborso delle somme pagate in eccesso, possono comunque rivalersi sull’istituto, magari appoggiandosi ad una delle associazioni di consumatori che si battono per la tutela dei propri diritti.

Meglio il tasso fisso o quello variabile?

Naturalmente in una condizione di continua discesa dei tassi, ci si dovrebbe porre una semplice domanda prima di accollarsi un mutuo: meglio il tasso fisso o quello variabile?
In pratica il primo permette al mutuatario di avere ben chiaro il peso che dovrà sostenere per poter ripagare il finanziamento concesso, il secondo invece consente di approfittare di momenti positivi del mercato e del conseguente abbassamento dei tassi.
Proprio sulla base di quanto detto, si può facilmente comprendere come la scelta tra tasso fisso e variabile non dipenda dalla maggiore o minore convenienza degli stessi, ma dalle condizioni finanziarie del mutuatario. Per le famiglie che intendono rimanere tranquille e hanno magari una sola fonte d’entrata, può essere effettivamente più indicato il tasso fisso, mentre per chi magari guadagna bene e vuole fare un vero e proprio investimento, il tasso variabile può permettere di realizzare un vero e proprio affare.